venerdì 31 gennaio 2014

Waltz n.2 di Shostakovich

Il mio Walzer preferito in assoluto il n 2 di Dimitrij Sostakovic, ogni volta che lo sento suonare non riesco a non cantarlo e a non esser felice, è coinvolgente, pieno d'energia vitale, e giustamente è conosciuto in tutto-free-sheet-music, il mondo. Ne ho preparato una versione molto semplice per flauto dolce e a giorni sarà pronto il video. Qui sotto lo trovate in varie versioni, con i nomi delle note in italiano, con le lettere per gli amici di lingua inglese e poi una semplicissima partitura per chi voglia suonarlo con un amico.





Gam Gam - canzone cantata nei Campi di sterminio

Alcuni anni fa il regista Roberto Faenza realizzò un film intitolato "Jona che visse nella balena" tratto da un racconto di Jon Oberski, il quale racconta la propria infanzia nell'inferno del campo di sterminio di Bergen-Belsen. La colonna sonora mi colpì profondamente per la sua estrema semplicità essendo basata su una melodia che veniva cantata dai piccoli detenuti del campo. Il titolo di questa canzoncina è Gam Gam, a scuola la faccio suonare in ricordo di chi subì il martirio nei campi di sterminio.
Gam Gam Gam Ki Elekh
Be Be Ge Tzalmavet
Lo Lo Lo Ira Ra'
Ki Atta' Imadi' (2 volte)
Shivtekha Umishantecha
Hema Hema Inaktamuni'
traduzione
Anche se andassi
Per le valli più buie
Di nulla avrei paura
Perché tu sei al mio fianco.
Se tu sei al mio fianco
Il tuo bastone
Il tuo bastone mi dà sicurezza.





giovedì 30 gennaio 2014

Come suonare il Flauto Dolce senza farsi odiare dai vicini o da mamma e papà

Come suonare il flauto dolce senza farsi odiare
Oramai la fama del flauto dolce, presso le famiglie italiane, è strettamente legata alla parola: spaccatimpani!!
In realtà c'è un modo semplice per far apprezzare questo piccolo strumento: suonarlo correttamente.
Sembra un affermazione banale, ma sappiamo bene che non è così. 
Suonarlo correttamente significa soffiare delicatamente sulla prima ottava: la spinta dell'aria deve esser quella
necessaria a non spegnere una candela ma solo a far muovere la fiammella. Il soffio, seppur limitato nella sua intensità, dovrà però esser abbastanza deciso da render ogni singola nota gradevole, espressiva, e per far questo è necessario vibrare il suono con gusto, non un vibrato così stretto da far sembrare la nota un belato, nè tanto meno così ampio da non esser percepito. 
Se non l'avete mai fatto vi basterà guardare il video di un violinista o ascoltare un breve frammento d'un aria d'opera per rendervi conto di cosa sto parlando. Vibrato significa, emozione, palpito, un suono fisso è quasi inumano, un suono vibrato è vitale, palpitante. Quindi per la prima ottava suono delicato ma sicuro, e un leggero vibrato. Sulla seconda ottava l'aria dovrà esser spinta con maggior forza e più salirai, più ci vorrà energia. Ma anche su queste note, considerate dai principianti rischiose, si dovrà arrivare con gradualità, senza fretta. 

                                     

Le prime volte non superare il Sol alto, suona le note sia legandole con le altre che con un leggero staccato. Non avere mai fretta. Il fatto di essere su note alte e squillanti, non ti esimerà dal cercare di renderle belle come quelle basse, quindi le prime volta bisogna studiare davanti allo specchio per controllare che la diteggiatura sia corretta e sicura. Se una nota viene male, ripetila magari con una frase musicale che ti permetta di raggiungerla con serenità. 


                                          


Ad esempio: il Sol acuto ti viene malissimo? Non suonarlo da solo insistendo fino al punto da far disperare che ha il destino di viverti vicino. Inizia dal Do alto e raggiungi la tua nota a "rischio" legando ogni suono. Raggiunta la nota difficile vibrala, cerca di cesellarla, di renderla viva, chiara, potente e, sopra ogni cosa, gradevole. A questo punto potrai provare a salire ulteriormente. Ma anche in questo caso non lasciarti tentare dalla fretta.Se un pezzo che ti piace è chiaramente al limite delle tue capacità tecniche, aiutati con un metronomo. Inizia a suonare lentamente curando l'espressività e, quando raggiungi il punto difficile, soffermati il tempo necessario per permettere alle tua dita di appropriarsene. Questo per me significa riprovare il passaggio fin tanto che le dita andranno "da sole". Questo può significare anche 5-10 minuti su una 
sola battuta. 

                                                             

Per un principiante può sembrare un tempo lungo, ma la soddisfazione poi di aver ricreato l'atmosfera voluta da un compositore, o dal tuo cantante preferito, sarà davvero impagabile. Altro consiglio è: canta il brano. Non è necessario farlo a voce alta, canticchialo dentro di te, ma fallo dicendo le note che dovrai suonare. Allena la mente al tema che le dita dovranno mettere il pratica sul flauto. Quando io riesco a cantare un brano spediatamente da capo a fondo,  le dita vanno che è una meraviglia e imparo il pezzo in pochi minuti. Poi per rendererlo bello e gradevole lo dovrò studiare per più tempo, ma diciamo che partire bene fin dall'inizio, è la cosa migliore.


mercoledì 29 gennaio 2014

Tanti auguri a te








lunedì 27 gennaio 2014

Titanic per Flauto Dolce solo


Un delle più celebri colonne sonore della storia del cinema, la canzone "My heart will go on" dal film Titanic, nell'esecuzione per flauto dolce solo. In questi casi chi suona può anche prendersi delle piccole libertà, degli abbellimenti e dei Rallentati che in un esecuzione di gruppo risultano meno fattibili a meno che non si studi tutto inseme nel migliore dei modi. Personalmente adoro il suono del Flauto Dolce anche senza altri strumenti e questa è la prima volta che propongo un esecuzione senza aver scritto l'arrangiamento orchestrale.







domenica 26 gennaio 2014

Romanza di Beethoven

Uno dei brani più belli mai scritti. Perfetto per essere eseguito con il Flauto Dolce.



 

Kookaburra - allegra canzoncina australiana

Una delle più celebri canzoncine per l'infanzia è questa: Kookaburra, una melodia australiana che parla di un uccellino, il kookaburra, che canta allegramente. La cosa curiosa è che se andate a vedere quest'animaletto nei video su youtube resterete meravigliati dalla sua "voce" potentissima. Pur essendo poco più grande di un Merlo, ha una potenza sonora che sorprende. Mi immagino cosa possa significare aver vicino casa un gruppo di questi simpatici animaletti appollaiati su un ramo che comunicano fra di loro. 







Alla Corte di Versailles - Flauto,Clavicembalo,Orchestra


Adoro i Palazzi che rappresentano un periodo storico oramai lontano. Ho avuto la fortuna di visitarne tanti, ma di sicuro nessuno mi ha emozionato più dei Versailles. Questa breve melodia mi è venuta in mente al ritorno da un viaggio in Francia





venerdì 24 gennaio 2014

Come superare la paura di suonare in pubblico


Paura di suonare in pubblico
Spesso sul mio canale youtube mi scrivon ragazzi molto giovani che inizian così le loro mail “Ho paura di suonare in pubblico, come faccio a non tremare e a non sbagliare”?

Nel mio caso il timore d’esser guardato mentre suonavo iniziò fin dai primi tempi in Conservatorio.  Il prof di Flauto voleva che tutti gli alunni della sua classe fossero presenti alle lezioni, in questo modo anche un semplice esercizio di riscaldamento doveva esser fatto davanti agli altri e dato che ero al mio primo anno di studi musicali, quindi un ragazzino di 11 anni, ogni volta tutt’attorno a me c’eran ragazzi e ragazze molto più grandi, alcuni vicini al Diploma. La sensazione di panico non s’attenuò con il passare dei mesi e  il timore d’esser giudicato, di sbagliare, di far brutta figura, era sempre fortissimo. Poi un giorno il prof mi disse “Guarda che tu non suoni per gli altri, ma per te stesso. Se tu stai suonando un qualsiasi brano, lo stai facendo perché ti piace farlo. Questa sensazione  di benessere di felicità interiore tu devi averla sempre quando suoni.  Sei nella tua cameretta e stai iniziando a suonare le Scale per scaldare le dita?
Falle al meglio, senza fretta, curando ogni dettaglio, ed essendo felice di farlo. Il suono dovrà esser bello, pieno, caldo, intonato, espressivo. Dai a te stesso quello che vorresti ti desse sempre un musicista quando suona: benessere”.
Dopo questo ragionamento del mio insegnante cominciai a vedere la musica in maniera del tutto diversa,  dovevo, innanzi tutto, suonare per me! Se mi fossi divertito io, forse anche un qualsiasi ascoltatore  avrebbe provato emozioni positive.
Vicino a casa mia c’era un giardino pubblico immenso, il “Parco Ducale” di  Parma. 

Che sarebbe successo se mi fossi messo a studiare in un angolino di questo storico luogo e con il pericolo di esser visto? Mi immaginavo la gente che si avvicinava, che giudicava, che mi  criticava, ero atterrito! Ma decisi di provare. Presi la bicicletta, e con la borsa in spalla con dentro flauto e leggio andai al Parco. 
La bella giornata di primavera aveva fatto riempire quest’enorme area verde che, tutt’ora, è uno dei posti più belli e suggestivi della città. Trovai il posto meno frequentato e più lontano possibile da ogni forma di vita. Timidamente tirai fuori il flauto, tremante iniziai a suonare e…sorpresa…non accadde assolutamente nulla! Io suonavo guardando la musica e cercando di stare concentrato e la gente continuava a comportarsi esattamente come prima. Passarono un gruppetto di attempati signori che facevano footing e non mi degnarono di uno sguardo, un signore con  il cagnolino si fermò un istante mi sorrise e continuò la sua passeggiata, un gruppo di ragazze che a me bimbo di 11 anni parevano delle “gigantesse”, passarono correndo…insomma…nessuno fece nulla di tutte le cose terribili che mi ero immaginato.  Semplicemente in un angolino di un parco pubblico immenso, un ragazzino stava scoprendo che suonare è una cosa semplice, naturale. Questo piccolo esempio vale anche ora.  Se qualcuno si vuol fermare ad ascoltarti  lo farà, ma non esiste un solo motivo per temere chissà cosa. 


Le maggiori paure infatti, sono quelle che ci creiamo noi stessi. E così il mio modo di suonare, gradatamente migliorò, le braccia diventaron più rilassate, non sentivo il solito dolore alle spalle dovuto alla tensione e il suono si era stabilizzato e potenziato. Da quei giorni di quasi 40 anni fa, la musica per me è stata questo: divertimento per me stesso, per la mia mente, il mio cuore, il mio corpo, poi se c’è un pubblico bene, se non c’è nessuno va benissimo lo stesso. Sono felice su un palco, come sono felice studiando in casa, come dovrebbe essere per tutti i musicisti.

Quindi se suoni uno strumento e sei all’inizio divertiti sempre, anche mentre studi esercizi che ritieni noiosissimi. Crea dentro di te l’emozione dell’ascolto, rendi bello ogni suono, sorprenditi nel capire che ogni nota compone un puzzle meraviglioso e che se manca un solo pezzettino il quadro non sarà completo. Tu sei il pittore di un opera che arriva direttamente al cuore di chi ti ascolta e se non c’è pubblico, quell’opera che hai realizzato sarà comunque per te stesso. E questo è un grande traguardo.

giovedì 23 gennaio 2014

La gioia di suonare uno strumento musicale


La gioia del suonare uno strumento musicale

Perché faccio musica e perché ho scelto sempre strumenti a fiato?
Penso che sia una questione legata alla forte componente fisica, quasi corporea, che percepisco chiaramente ogni volta che suono.

Qualsiasi strumento a fiato è un appendice della mia bocca, è un prolungamento del mio respiro, è qualcosa che vibra come vibra la mia voce quando mi diverto a cantare, maluccio, una semplice canzone. Il vibrato degli strumenti a fiato, inevitabile in quanto nel nostro torace abbiamo un cuore che pulsa e il vibrato è espressione, lo percepisco chiaramente nello strumento con il quale esprimo i miei stati d’animo, appunto vibranti.
Il Flauto Traverso, il Fagotto, la Piva Emiliana e il Flauto Dolce, sono silenziosi compagni di viaggio che prendon voce, la mia voce, ogni volta che desidero provare a dire qualcosa senza usare le parole. So che è difficile spiegarlo a chi non ha mai provato a suonare, ma gli strumenti musicali per me, sono questo. Brani che con la voce non potrei mai eseguire, cose che non saprei dire a parole, diventan qualcosa di vivo, potente, e realmente espressivo.
Il timbro del Flauto Traverso è caldo, non trovo un altro modo per definirlo, caldo e avvolgente, e mentre lo si suona è chiaramente percepibile il suono dell’aria che va ad infrangersi sull’estremità dell’imboccatura ad ancia libera, cioè un semplice foro. Senti l’aria che corre nel corpo dello strumento e che, all’estremità opposta, esce come suono. Un suono che viaggia rapidissimo in una sala se stai suonando in pubblico, o che ti avvolge se sei in camera tua a ripassare un brano che vuoi migliorare. Il Flauto Traverso ha qualcosa che mi fa sempre pensare alla parola “casa”, mi immagino un camino con dei ciocchi ardenti che scoppiettano, è una coperta calda di vibrazioni positive.
Il Fagotto invece ha, nel mio modo di percepirlo mentre lo suono, una malinconia unica. Quando si suonan le note medio-basse legate, ti entrano nel torace con una forza che, lì per lì, si stenta a creder che un oggetto, un lungo tubo di legno con dei fori, possa esserti così vicino dal punto di vista espressivo. E’ una voce, la mia voce, ma all’ottava sotto. E’ una vibrazione calda, possente che spesso cerco nel mio quotidiano, è la calma, la profondità che vorrei. E’ un lato del carattere che in realtà non ho, ma che questo strumento mi permette d’esprimere.
La Piva Emiliana è uno strumento della famiglia delle Cornamuse. E’ potente, con un suono aperto, quasi volgare, che non puoi realmente controllare nella sua emissione in quanto l’ancia non è fra le tue labbra ma lontana da te. Strumento tipicamente popolare e dalla limitatissima estensione (ci puoi suonare una decina di note) ha una qualità unica che è il suo limite e la sua forza: lei urla sempre. In qualsiasi momento lei si impone, ti aggredisce nella sua schietta popolare semplicità sonora. Mi fa pensare ad una grassa signora che strilla in dialetto e che, avendo un gran torace (in questo caso una gran sacca che io stringo a me) impone a tutti la propria forza vocale. Con la Piva non puoi suonare in casa e se lo fai i vicini giustamente ti detesteranno. E’ uno strumento che va portato all’aperto, magari in un giardino pubblico il più possibile lontano dalla gente se sei all’inizio dei tuoi studi. Il suo suono deve viaggiare e l’accompagnamento ossessivo dei Bordoni (sono i tubi che emettono le note fisse, come quelli che vedi nelle Cornamusa scozzesi per intenderci) trasmettono stabilità, fermezza, in totale contrasto con la canna del canto, che apre al mondo la sua voce arrogante e diretta. Amo le cornamuse, e la mia Piva Emiliana, proprio per questo.
E infine il Flauto Dolce, il più piccolo degli strumenti ch’io abbia mai suonato. Il timbro è come quello della voce d’un bimbo, piccolo e fresco, a suonarlo con grazia a rapidità può far pensare anche ad un ruscello che scorre rapido. Ideale per ripassare una melodia o per trovare in un attimo le note d’una canzone che hai appena sentito. Ideale da suonare ovunque tu sia, sapendo che se l’emissione sarà ben controllata, non risulterà mai molesto od invadente. Di tutti quelli elencati è quello che più mi assomiglia. Non ha il calore d’un flauto traverso e la sua calda avvolgenza, non ha la profondità, la saggezza espressiva di un Fagotto. Non ha la feroce schiettezza d’una cornamusa. E’ diretto, non ha profondità, viaggia leggero, viaggia rapido. Ci puoi far tutto anche senza impegno, anche solo per gioco, anche solo per passare il tempo.

Gli strumenti a fiato, nella mia quotidianità sono questo. Caratteri che ti vestono dal punto di vista sonoro, che tu indossi quando vuoi e che portano la tua voce a chi la vuole ascoltare. Ma se non hai ascoltatori, sono comunque bellissimi abiti che potrai indossare quando vorrai e che, anche stando in casa, ti porteranno lontano e con una voce ed un carattere nuovo.

venerdì 17 gennaio 2014

Il Mattino di Grieg per Flauto Dolce

Il Mattino
Un dei brani più incantevoli mai scritti nella storia, con il Flauto Dolce è bellissimo e facile da suonare










Dimmi che non passa è sulla pagina ufficiale della cantante Violetta Zironi

Dimmi che non passa
Qualche settimana fa mi son divertito a fare la versione per Flauto Dolce di "Dimmi che non passa" una bella canzone di una giovanissima promessa della musica italiana, Violetta Zironi, che tanto successo ha avuto nella trasmissione X Factor. Il video che ho postato su Youtube e presentato su facebook, l'ho poi inviato in messaggio privato anche alla pagina della cantante per avere il suo permesso e, sorpresa, dopo qualche ora il video era sulla sua pagina e in pochissimo ha ottenuto un bel numero di pollici in su! Quindi grazie di cuore Violetta e tanti auguri per una radiosa carriera!


giovedì 16 gennaio 2014

Flauto Dolce contro la depressione

Il Flauto Dolce contro la depressione

Il Flauto Dolce contro la depressione
Posso dire che la musica mi ha salvato la vita e che è diventata non solo la mia passione, ma la mia più forte valvola di sfogo.
Pur avendo un carattere curioso e che tende a farmi vedere le cose belle che mi circondano: anche semplicemente un tramonto, un bel film, una passeggiata in una tiepida serata, la depressione è diventata una latente compagna di viaggio nel corso dei miei ultimi 20 anni. Non sono mai riuscito a decifrarla, comprenderla o a prevederla, semplicemente ad un tratto qualsiasi persona o situazione, diventano in bianco e nero. Tutto è distante e pericoloso e il mio stesso corpo si trasforma in un pesante ostacolo che non riesco a far muovere e, cosa ancor più grave, che non sento il motivo di dover muovere. Depressione per me è staticità, immobilità,  in quei momenti non esiste un solo valido motivo, non uno, che mi dia ragione di reagire.
Tutto iniziò negli anni ’80 con un piccolo intervento chirurgico errato, che cambiò per sempre il mio significato della parola corpo.  Avevo sempre tenuto in massima considerazione la forma fisica, lo star bene, il non sentirmi quasi mai stanco. Lavoravo a 70 chilometri da casa e per fare avanti e indietro ogni giorno, dovevo esser motivato e in buona salute . Dopo quell’evento, un piccolo intervento chirurgico errato, iniziai a non riconoscermi più. Non poteva esser mia quella carne che urlava di dolore qualsiasi movimento facessi. Non potevo esser io quello che andava in lacrime dal medico che aveva effettuato l’intervento e dal quale mi sentivo dire “I suoi unici problemi lei li ha nella sua testa”. Chi mi conosceva non poteva credere che uno sciocco intervento potesse avere tali conseguenze e la definizione “malato immaginario” cominciò a evidenziarsi anche su i volti delle persone a me più vicine. Avevo costante bisogno assoluto di silenzio, perché la carne, in certi casi, fa più rumore di uno stereo a massimo volume,  e questo per un insegnante è un miraggio semplicemente impossibile da raggiungere.  A quell’intervento ne seguirono altri 8 in 6 anni per cercare di rimetter in sesto la figura che non riconoscevo più allo specchio. Da uomo di 90 chili, appassionato di sport, sempre in movimento, mi trovai a dover gestire un ombra di 48 chili. Ma la cosa che più mi rendeva difficile ogni attimo di vita era la sensazione d’esser avvolto da una negatività, un pessimismo assoluto, totale.
Compresi anche che il dolore NON si può condividere, MAI! Anche chi ti ama con tutto se stesso, non sarà mai dentro la tua carne, una carne che fa un rumore spaventoso, che è il rumore del dolore puro. Le cicatrici non tacciono, sono come delle bocche rivolte verso l’interno e tu, che sei parte di esse, non riesci a far finta che non urlino di continuo.  Poi un medico mi disse “ dovresti fare la domanda per una pensione d’invalidità”, per assurdo quella fu la scintilla, la prima dopo 6 anni di feroce prigione della detenzione più spietata, quella di un carcere dal quale non potevo evadere. Era questa la mia vita? Un uomo di 40 anni che si ferma? Che chiede la pensione e che per il resto della propria esistenza vedrà il mondo alla ricerca di qualcosa da conquistare? Una sorta di film…senza finale. Fine del primo tempo…fine del film! No dico ma scherziamo? Nel momento peggiore, il più basso in assoluto, ad un passo da quel nulla che oramai mi separava da una finestra del quarto piano che avrebbe messo fine ad ogni dolore e ogni paura, iniziò la mia risalita. Lenta, piccolissima, con alti e bassi. Un corpo debole e irriconoscibile, e una mente del tutto avvolta solo su se stessa, un costante io, io, io, io…si perché per chi sta male fisicamente o psicologicamente, l’unica cosa che conta all’universo è: Io, IO-STO-MALE, il resto, tutto il resto, è meno dello zero assoluto. Il dolore ti rende affamato di salvezza, e quando hai fame, quella feroce che ti toglie il respiro, sei una belva, esisti tu e nessun altro.
Cominciai a fare due cose,  la MUSICA e LA GINNASTICA che diventarono le mie stampelle, all’inizio piccole, poi via via sempre più solide, ora fondamentali. Cominciai a dedicare i miei pensieri alla musica, qualcosa di così impalpabile, così indefinibile, al punto che ogni volta che le dedicavo anche solo un attimo di tempo, la mente usciva dal mio corpo. E alla Ginnastica, quella che i medici mi avevano sconsigliato in quanto considerata probabile causa di ennesime recidive. La musica, ora posso dirlo forte,  è una medicina incredibile che non ha controindicazioni, ma sentirla non basta, a me perlomeno non bastava. Io dovevo entrare nei suoni, io dovevo esser parte integrante del flusso sonoro. Che strumento scegliere? Il mio corpo mi permetteva due posizioni o in piedi o sdraiato, stare seduto era ed è un vero problema. Non volevo spendere soldi, non volevo un maestro, volevo qualcosa di assolutamente semplice e spontaneo, qualcosa dal quale poter ricominciare in modo spensierato e senza dover render conto ai vicini per l’eventuale “rumore”. Scoprii il flauto dolce, 8 euro di semplicità, ogni dito che alzi, sali di una nota, proprio come un pianoforte, ma lo puoi suonare ovunque tu sia, in qualsiasi posizione, senza alcuno sforzo. Mi accorsi che con questo piccolo magico strumento odiato da decenni da alunni e le loro famiglie di tutte le scuole d’ordine e grado nel nostro paese, si può suonare tutto, ma proprio tutto, dalla Classica, al Pop al Rock. Nella sua semplicità ti obbliga a tenere il tempo, ad imparare a leggere uno spartito se vuoi, o semplicemente a suonare ad orecchio se non vuoi dannarti troppo. Uno strumento che anche grandi personaggi della musica han recentemente più volte denigrato considerandolo un giocattolo, ma che in realtà ha un vastissimo repertorio e che può far avvicinare alla musica chiunque, un bimbo come un novantenne. Non ci voglion soldi, non ci vuole fatica, ci vuole il desiderio di entrare in un mondo impalpabile ma così forte da trascinarti via con se in una sorta di magico volo che, chi non prova, non può capire. Esattamente come il dolore non è comprensibile o realmente spiegabile, la musica è qualcosa che ti porta via con se, ma il viaggio sei tu che lo decidi, sia la partenza che l’arrivo, che la durata.

Nel mio caso il viaggio è iniziato con la scoperta di questo semplice strumento che mi accompagna, anche solo per alcuni minuti al giorno, ma che mi permette di spostarmi assai velocemente passando dall’antica Grecia con l’Epitaffio di Sicilo, al Gregoriano, alla Classica, al balletto, passando per la sinfonica, il pop, il liscio, alla musica folk, la musica melodica italiana, il Rock… un quotidiano viaggio nel tempo con uno strumentino minuscolo. Forse sono solo stato fortunato, ma per risalire ci vogliono delle motivazioni, credo che la musica possa esser, proprio per l’impossibilità di poterla descrivere realmente o di poterla definire e inquadrare, la medicina suprema. Immergerti nei suoni, ti fa scoprire ed entrare nelle anime di chi si è espresso solo mettendo dei pallini su dei fogli di musica in paesi lontani e magari in epoche remote. E’ un linguaggio, ti permette di entrare in contatto anche con chi si esprime con lingue che non capirai mai. La musica è, per me, la forma d’arte più elevata, proprio perché ancora non capisco cosa sia. E spero di non scoprirlo mai. Voglio solo farla con semplicità e divertimento. Quando l’oscurità talvolta riappare senza motivo la combatto con tutti questi amici di altri paesi di altre epoche, loro mi accompagnano e mi rimangono accanto, mi distraggono con le loro voci, l’oscurità passa, loro restano.

Wrecking Ball per flauto dolce - Miley Cyrus


Wrecking Ball
Miley Cyrus